Gli impianti maggiormente utilizzati, i più testati clinicamente ed i più verificati con protocolli internazionali pubblicati sulle principali riviste scientifiche, sono quelli endossei che utilizzano la tecnica dell'”osteointegrazione”, ovvero con un contatto tra osso ed impianto dell’ordine dei millimicron, altrimenti si parla di “fibrointegrazione” ovvero tra osso ed impianto è interposto del tessuto connettivo. Le metodiche di implantologia prevedono principalmente due tecniche chirurgiche :

– two stage: in due fasi, la prima “sommersa”, ovvero con inserimento dell’impianto, sutura mucosa e successiva riapertura della mucosa dopo 2-6 mesi ed avvitamento del”pilastro dentale” sull’impianto;
– one stage: inserimento dell’impianto per via transmucosa o flapless si potrà così o lasciare guarire (sempre per 2-6 mesi) per integrazione ossea o caricare immediatamente, con apposito pilastro dentale, in modo provvisorio o definitivo, a seconda dei casi.
L'”implantologo” quindi crea una sede nell’osso del paziente (in corrispondenza del nuovo dente da sostituire o da immettere ex novo), attraverso una serie di frese ossee calibrate, per inserire successivamente un impianto dentale endo-osseo. Perché l’impianto si osteointegri è necessaria una buona stabilità primaria, mobilità nulla o dell’ordine di pochi micron (secondo Brunsky e Coll.). L’interfaccia osso-impianto è quindi dell’ordine dei millimicron, altrimenti si parla di fibro-integrazione.

Secondo alcuni implantologi (Linkow) può essere accettabile per il successivo carico con una corona anche la fibrointegrazione. Ciò è da anni oggetto di discussione in campo specialistico, stà di fatto che i migliori impianti per la fibrointegrazione (le lame) hanno una percentaule di successo a 5-10 anni molto bassa rispetto al 92-95% di quelli “a vite” osteointegrati con riscontro scientifico in tutto il mondo. Attualmente gli impianti più utilizzati, sono quelli inseribili con metodica osteointegrabile cioè a vite del tipo filettato, con superfici trattate con varie tecnologie, per favorire la migliore interfaccia con l’osso e la migliore stabilità. In genere il carico masticatorio con protesi fissa avviene in un secondo tempo, dopo 3/4 mesi per la mandibola, dopo 5/6 mesi per il mascellare superiore. In alcuni casi oggi è possibile anche un carico immediato degli impianti, per poter fare ciò occorre però il ripetto di alcuni fondamentali criteri:

* la presenza di una certa quantità di osso,
* la stabilità primaria degli impianti una volta inseriti,
* un buon supporto parodontale (gengivale),
* l’assenza di bruxismo (digrignamento dentale) o grave malocclusione,
* la presenza di un buon bilanciamento occlusale (corretto piano occlusale masticatorio).

Occorre chiaramente anche una seria valutazione dello specialista, che dovrà valutare con opportuni esami e strumenti la coesistenza di tutti questi fattori; altrimenti la scelta cadrà su una tecnica “tradizionale” di tipo “sommerso”, ovvero con impianti che necessitano di un tempo di attesa più lungo, ma più sicuro, per il carico masticatorio.

Gli impianti hanno una vita pressoché illimitata (gli studi più lunghi hanno 25 anni), se viene effettuata una quotidiana manutenzione: il rischio più grosso che corrono gli impianti è dato:

* nell’immediato post intervento, dalla peri-implantite, ossia un’infiammazione ed infezione delle strutture attorno all’impianto, con conseguente non avvenuta osteointegrazione;
* da uno scorretto carico degli impianti stessi, con corone o protesi non corrette, che possono creare un riassorbimento osseo nel tempo, con perdita dell’osso sino alle spire più profonde dell’impianto, con possibilità di perdita dello stesso. Per scongiurare questi possibili insuccessi implantari è necessario quindi una buona protesi, fissa o mobile, ben bilanciata dal punto di vista del’occlusione (corretto equilibrio occlusale), avere una buona igiene orale quotidiana ed effettuate visite di controllo periodiche.

Il fumo, ed il diabete possono compromettere sia l’osteointegrazione che la durata degli impianti.

Gli impianti possono sostituire un dente singolo (corona su impianto), un gruppo di denti ravvicinati (ponte su impianti) oppure possono servire a stabilizzare una protesi totale superiore o inferiore..